La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con la sentenza del 4 ottobre 2024 (causa C-406/22), ha fornito importanti chiarimenti sulla designazione dei paesi di origine sicuri nell’ambito delle richieste di protezione internazionale. Il caso riguardava un richiedente asilo moldavo che aveva presentato domanda di protezione in Repubblica Ceca, contestando la sicurezza della Moldavia, ad eccezione della Transnistria. La Corte ha affermato che la designazione di un paese come “sicuro” deve estendersi a tutto il territorio nazionale e che il giudice nazionale, investito di un ricorso, deve valutare d’ufficio eventuali violazioni delle norme dell’Unione anche se non sollevate esplicitamente dal richiedente.
Questo principio, sancito dalla Corte di Lussemburgo, ha un impatto diretto anche sulle politiche italiane di gestione dei migranti. In Italia, infatti, il governo sta cercando di accelerare le procedure di frontiera, introducendo una serie di misure restrittive nei confronti dei richiedenti asilo provenienti da paesi considerati “sicuri”, come la Nigeria, l’Egitto e la Tunisia. Tuttavia, tali misure sono state spesso invalidate dai tribunali italiani, che hanno riconosciuto lo status di protezione a migranti provenienti da questi paesi, evidenziando come il criterio di “paese sicuro” non possa essere applicato meccanicamente.
La questione politica: il protocollo Italia-Albania
Uno dei punti più controversi delle recenti politiche migratorie italiane è il protocollo stipulato con l’Albania. Questo accordo prevede l’istituzione di centri di trattenimento in Albania per gestire le procedure accelerate di asilo per i migranti che arrivano in Italia. Secondo questo protocollo, i richiedenti asilo verrebbero trasferiti in Albania per l’esame delle loro domande, riducendo così la pressione sui centri italiani. Tuttavia, la decisione di esternalizzare la gestione delle procedure di asilo solleva forti dubbi di conformità con il diritto internazionale e con le direttive dell’Unione Europea, specialmente alla luce della sentenza della Corte di Giustizia UE.
La decisione della Corte sottolinea che le procedure di asilo devono essere esaminate con attenzione e che non si possono aggirare i diritti fondamentali dei richiedenti attraverso procedure accelerate o con trasferimenti in paesi terzi. La scelta di utilizzare l’Albania come centro di smistamento per i migranti potrebbe, quindi, portare a nuove contestazioni legali e a un conflitto con il diritto europeo.
La sentenza della Corte di Giustizia UE, unita alla politica italiana del protocollo con l’Albania, evidenzia la necessità di trattare i migranti con umanità, rispettando le direttive europee in materia di asilo. La pretesa di designare alcuni paesi come “sicuri” senza una valutazione aggiornata e completa non solo mette a rischio i diritti fondamentali delle persone in cerca di protezione, ma potrebbe esporre l’Italia a procedimenti di infrazione. Il rispetto del diritto dell’Unione Europea rimane cruciale per garantire un trattamento giusto e umano ai migranti, a prescindere dalle pressioni politiche.