Bullismo e Cyberbullismo, da gioco a reato

05
Apr

Bullismo e Cyberbullismo, da gioco a reato

Bullismo e cyberbullismo rappresentano due tra le principali problematiche con le quali bambini e ragazzi si trovano a far fronte nei loro contesti di vita quotidiani, a cominciare dalla scuola.
Il termine bullismo deriva dall’inglese “bull” che significa “toro”, e dal verbo “to bully” che significa “intimidire, opprimere, prevaricare qualcuno”.

Caratteristiche del fenomeno:

intenzionalità (gli atti aggressivi sono finalizzati ad arrecare un danno alla vittima);
persistenza (gli atti dei bulli perdurano per settimane, mesi o anni, non è quindi un singolo atto di violenza comparso durante un episodio di rabbia o di conflitto tra bullo e vittima);
asimmetria nella relazione (vi è uno squilibrio di potere tra chi compie l’azione e chi la subisce);
la vittima non è in grado di difendersi e teme vendette o ritorsioni nel caso denunciasse gli episodi di bullismo.

Tipologie di comportamenti e condotte:

Il bullismo può essere diretto e consiste in azioni verbali (offendere, insultare, deridere, minacciare) o fisiche (quali ad esempio picchiare, spingere, appropriarsi e rovinare oggetti)
e quindi:
-rubare oggetti di proprietà della vittima
– spingere e strattonare la vittima
– colpirla in modo più o meno violento
– distruggere intenzionalmente oggetti di proprietà della vittima

Il bullismo può essere indiretto e per questo più difficile da individuare ma non meno pericoloso e si attua attraverso l’esclusione dal gruppo dei coetanei, l’isolamento, la diffusione di pettegolezzi e calunnie riguardanti la vittima per esempio. Si configura nel momento in cui si urla verso qualcuno, lo si prende in giro, lo si minaccia e lo si insulta
Questi comportamenti, tecnicamente si chiamano condotte, valutate singolarmente in molti casi costituiscono ipotesi di reato perseguibili penalmente.
Vediamo come.

Ipotesi di reato riconducibili alle condotte dei bulli:

Le condotte dei bulli nei confronti delle vittime possono configurare reato contro la persona: istigazione al suicidio (art. 580 c.p.); percosse (art. 581 c.p.); lesioni (art. 582 c.p.); rissa (art. 588 c.p.); diffamazione (art. 595 c.p.); violenza sessuale (art. 609 bis c.p.); minaccia (art. 612 c.p.); stalking (art. 612 bis c.p.); interferenze illecite nella vita privata (art. 615 bis c.p.).
Possono concretizzarsi in un reato contro il patrimonio: furto (art. 624 c.p.); estorsione (art. 629 c.p.); danneggiamento (art. 635 c.p.).
Infine, dal bullismo possono derivare i reati di sostituzione di persona (art. 494 c.p.) e frode informatica (art. 640 ter c.p.).

Quando tutti questi atti di molestia si effettuato tramite i mezzi elettronici (e-mail, social, chat, blog o qualsiasi altra forma di comunicazione riconducibile al web) si parla di cyberbullismo. Tale fenomeno è pericoloso tanto quanto il bullismo “classico”, se non di più, in quanto le tracce lasciate in rete difficilmente possono venire completamente rimosse e cancellate. Pertanto la pubblicazione, per esempio, di contenuti ingiuriosi o di foto private non autorizzate, perdurando sul web per moltissimo tempo e potendo raggiungere un pubblico infinito di persone, fa sì che la vittima sia maggiormente colpita.

Legge contro il bullismo

Si sente spesso parlare di reato di cyberbullismo ma in verità la legge 71/2017, ha solo dettato una serie di disposizioni atte a rafforzare le forme: ha prescritto una serie di obblighi comportamentali e di prevenzione in capo alla scuola e alla famiglia.
In particolare la legge 71/2017 ha previsto una serie di rimedi nuovi, come l’ammonimento del questore, per arginare gli effetti delle condotte già in essere. Eppure sono ancora troppo pochi. La legge fornisce, e questo è molto importante, una precisa definizione di cyberbullismo (art. 1, commi 1 e 2) come

“… qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica, nonché la diffusione di contenuti on line aventi ad oggetto anche uno o più componenti della famiglia del minore il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo”.

Il fenomeno deve essere contrastato “in tutte le sue manifestazioni” ma tale contrasto deve concretizzarsi in azioni a carattere preventivo, espressioni di una strategia di attenzione, tutela ed educazione nei confronti dei minori coinvolti, sia nella posizione di vittima che in quella di responsabili di illeciti.

Si tratta di una definizione che, essenzialmente, contiene una sorta di “catalogo” di reati che possono esser posti in essere dal cyberbullo: si pensi al ricatto che normalmente è espressione sinonimica dell’estorsione; si pensi all’amplissimo e generico concetto di “qualsiasi forma di pressione”, che comprende anche il concetto di minaccia e quello di violenza privata; si pensi al concetto di denigrazione che richiama alla mente il delitto di diffamazione, peraltro indicato espressamente nella stessa elencazione. Si è dunque valutato che le condotte riconducibili al Cyberbullismo possano rientrare in fattispecie incriminatrici già esistenti e che quindi il nostro ordinamento già abbia in sé strumenti di tutela penale adeguati.

Soffermiamoci, in conclusione, sul reato di istigazione al suicidio: sono, infatti, prospettabili casi in cui le condotte del cyberbullo perpetrate tramite la rete, sviluppino insicurezza patologica e calo di autostima, un senso di emarginazione, problemi relazionali e disturbi da ansia e da depressione, fino a giungere, nei casi più gravi, a veri e propri tentativi di suicidio. Per tali casi la pena prevista è aumentata laddove la vittima sia un soggetto minore degli anni 18; nel caso in cui, invece, sia un soggetto minore degli anni 14 si applicano le norme relative all’omicidio.

Bullismo e cyberbullismo sono fenomeni da affrontare con gli strumenti adeguati, in rete, promuovendo il più possibile percorsi di sensibilizzazione presso le scuole affinchè i giovani prendano coscienza della gravità delle condotte e il rischio che dal gioco, doloroso e umiliante per la vittima, si passi al reato e tutte le conseguenze penali correlate.